LA STORIA
Riguardo a come nasce la razza “Pit bull” e riguardo alla sua storia si trovano una miriade di racconti sia sui libri, che online e pare che tutte le versioni siano concordi sul fatto che sia una razza nata in Gran Bretagna.
Facciamo però un passo indietro nella storia per capire come siamo passati da avere dei grossi molossi ad avere i veri e propri Pit Bull come li conosciamo noi.
Gli antenati dei Pit Bull erano cani aiutanti nell’uccisione dei grandi bovini, poiché era convinzione comune che l’adrenalina sprigionata dagli animali portati al macello, data dalla paura degli attacchi predatori che questi cani gli provocavano, ammorbidisse moltissimo la carne e la rendesse ancora più prelibata per il consumo umano.
Un giorno, un nobile, assistette alla scena di un macellaio che terrorizzava e poi uccideva un bovino con l’aiuto del suo grosso molosso e ne rimase affascinato, così tanto affascinato da decidere di portare quel tipo di cane a combattere nelle arene (da qui nascerà poi il nome Pit) contro i tori (da qui Bull) e rendere quindi lo spettacolo della macellazione il più “ludico” possibile.
Oggi una pratica del genere sarebbe ritenuta da folli e sconsiderati, ma all’epoca l’idea piacque e, oltre ai tori, iniziarono a presentare ai cani nelle arene molti altri animali con cui combattere (tra cui altri cani).
Si passò dai tori ad animali molto più piccoli e scattanti rendendo così necessario rimpicciolire anche la taglia dei nostri grandi molossi per renderli più leggeri e veloci, pronti a schivare quanti più colpi possibile, ma mantenendoli comunque possenti così da poter ferire gravemente il loro avversario.
Per poter raggiungere queste caratteristiche e questa intensità, iniziammo ad inserire il sangue terrier nei molossi, per avere cani prestanti, scattanti, con un collo molto forte, con una soglia del dolore altissima rispetto ad altre razze, con una grande forza e tenacia ed un praticamente assente senso di rinuncia.
Cani perfetti, quindi, per combattere per molto tempo, anche se sanguinanti e ricoperti di ferite.
UNA INIZIALE SVOLTA NEL DESTINO DEI PITBULL
Fortunatamente, dopo non troppo tempo, in molte parti del mondo i combattimenti tra cani ed altri animali furono resi illegali e per questo motivo si cercò di riabilitare il nome dei Pit Bull.
Si iniziò a spingere sulla loro motivazione affiliativa (senso di appartenenza al gruppo) trasformandoli così in cani per famiglie, chiamati anche “Nanny Dog” o “Cani Tata” per la spiccata pazienza e delicatezza che, alcuni di loro, dimostravano nei confronti dei piccoli umani che facevano parte del loro nucleo famigliare.
Nonostante il tentativo di ripulire il loro nome e di far emergere le caratteristiche più inclini alla vita pacifica e serena a fianco dell’uomo al giorno d’oggi, in particolare in Europa i Pit Bull, i meticci di Pit Bull e le razze affini, che rientrano nella classificazione Terrier di Tipo Bull (TTB), sono soggetti a leggi molto restrittive rispetto alla loro detenzione ed alla loro circolazione all’interno del territorio.
Se possediamo un TTB e vogliamo andare in vacanza all’estero, ad esempio, dovremo studiare bene quali tipi di documenti portarci dietro e quali richieste fare per essere sicuri di non incorrere in sanzioni, in alcuni stati è addirittura prevista la soppressione dell’animale se importato illegalmente. L’Italia è uno dei pochi paesi nei quali, fortunatamente, non ci sono leggi che vietano o impediscono la libera circolazione dei TTB.
A mio avviso, ovviamente, questo è un bene in quanto discriminare un cane solamente per la razza o per il mix di razze che si porta dentro lo trovo totalmente sbagliato ma, l’altro lato della medaglia è che siamo spesso portati a pensare che per educare un cane “basti l’amore” oppure “dipende solo da come lo educhi”.
Se queste frasi credo che siano poco corrette per ogni soggetto cane, le trovo ancora più fuorvianti nei confronti di TTB.
PERSONALITA' E CARATTERISTICHE
L’educazione gioca certamente un ruolo fondamentale, ma le caratteristiche di razza che stiamo e che abbiamo selezionato negli anni non ci aiutano ad avere cani socievoli con i propri simili.
Per adottare un Pit Bull l’amore non basta. Serve consapevolezza, e tanta!
I Pit Bull sono cani complessi. Credo che nessun tipo di cane sia facile e adatto a tutti indistintamente, ma con i TTB ci troviamo di fronte a cani con una prestanza fisica importante ed un animo di cristallo.
Sono cani spesso con una sensibilità enorme, che sono pronti a dare il 100% nella relazione con l’umano di riferimento.
Vi siete mai chiesti perché i rifugi ed i canili di tutta Italia pullulino di questi cani?
Ogni anno ci sono sempre più cessioni di proprietà “casualmente” in età adolescenziale, proprio in una fase durante la quale questi cani avrebbero bisogno di supporto emotivo per il grande cambiamento che stanno attraversando.
Ci facciamo convincere dalla bellezza incredibile di cui questi cani sono portatori: tutte quelle “rughe di ciccia” e il pancino rosa “da morsi” e quella dolcezza negli occhi.
Abbiamo quella convinzione spavalda del “Lo prendo cucciolo così lo cresco come voglio io” e poi, un giorno, la cucciolezza finisce, il lavoro relazionale non è stato adeguato ed arriva l’adolescenza. Il momento peggiore per un cane e per il proprietario.
Pensiamo alla nostra di adolescenza: anni in cui vorremmo spaccare il mondo, anni in cui pensiamo di poter ribaltare il mondo e poco ci curiamo delle conseguenze; anni in cui abbiamo incredibilmente bisogno di regole sì, ma non di tirannia.
Ecco, per i cani avviene la stessa cosa e, purtroppo, in un momento così delicato si creano spesso grandi incomprensioni e conflitti.
Per essere un buon proprietario dobbiamo essere una buona guida, un punto fermo, un esempio.
Dobbiamo saper coccolare le fragilità di questi cani, renderle un punto di forza e non un punto di debolezza. Dobbiamo aiutarli ad accendere la mente e il corpo in modo consapevole.
PAROLA CHIAVE: RELAZIONE
Per i Pit Bull la parola chiave è RELAZIONE. Hanno bisogno di essere coinvolti nella vita famigliare, di essere parte integrante della routine ed in tutto e per tutto membri attivi della famiglia. Con questi cani dobbiamo essere bravi a far emergere il loro lato epimeletico (desiderio di prendersi cura di qualcuno), affiliativo e protettivo senza però trascurare la competizione, della quale sono i Re e le Regine.
Ai Pit diverte molto giocare su base competitiva e ancora oggi, purtroppo, sono diffuse vecchie credenze secondo le quali se giochiamo, ad esempio, al tira e molla con un Pit quest’ultimo svilupperà aggressività ed allenerà il suo antagonismo nei nostri confronti ed è quindi un gioco da evitare.
In realtà non è che non accogliendo la competizione nel pit questa svanirà. Non è evitando di affrontare una dinamica che questa magicamente scomparirà.
Abbiamo scelto di vivere con un soggetto competitivo, quindi quello che possiamo fare per rispettarlo è sicuramente dare campo espressivo alle attività competitive, ma andandole ad incorniciare, scegliendo momenti adeguati, oggetti adeguati e dando regole per lo svolgimento.
E’ proprio nel castrare la loro motivazione competitiva che si può andare a creare una forte frustrazione motivazionale che renderà il soggetto poco compreso e quindi poco felice.
Un altro errore molto comune è quello di pensare ai pit come a cani da guardia, cani da tenere nei cortili a scacciare intrusi.
Il Pit, tendenzialmente, vive un incredibile bisogno di relazione con il proprietario. Sono definibili “cani cozza”, “cani colla”, hanno reale necessità di sentire la relazione in ogni momento della giornata e per questo è importantissimo essere dei compagni umani fermi, ma delicati, decisi ma sempre in ascolto di come si sente il cane in quel momento. Sono guerrieri dal cuore di cristallo, non dobbiamo dimenticarlo mai.
Il loro aspetto massiccio però trae spesso in inganno, ci fa pensare che possono sostenere nottate all’aperto andando in allerta su ogni rumore, sarà però molto più facile trovare Pit che non vorranno uscire se fuori pioviscola appena nemmeno per far pipì, o che avranno bisogno del cappotto per uscire nelle giornate fredde, o che già con 15 gradi iniziano a mettere il muso sotto alle coperte e si “acciambellano” sul divano completamente coperti da un morbido pile.
Alcuni di loro sono anche campioni olimpionici di “salto della pozzanghera” per evitare di bagnarsi le zampe che poi si inumidiscono e “oddiochefreddotorniamoacasa”.
Davvero questi cani li vogliamo mettere a guardia di una proprietà?
La miglior definizione che abbia mai trovato per loro è “pigri bricconi mentecatti” (dal libro “Piacere di conoscerti” di Elena Garoni, vi consiglio caldamente di leggerlo se ancora non lo aveste fatto).
Per concludere vi invito a pensare bene prima di prendere un Pit.
Perché un Pit vive il rapporto con voi in simbiosi.
Perché un Pit è pronto a buttarsi nel fuoco per voi, o con voi e questo comporta un enorme responsabilità da parte nostra, non possiamo in alcun modo approfittarci della generosità relazionale di questi cani.
Perchè come già detto molte volte, ed è vero, sono guerrieri con l’armatura di muscoli, ma il loro muscolo più forte rimarrà sempre il cuore.
Articolo di Benedetta Lunardi, Educatrice ed Istruttrice Cinofila di MadamaDog
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